La Suprema Corte di Cassazione ha affermato in più occasioni che la sanzione che colpisce il tasso di interesse usurario va riferita sia agli interessi corrispettivi che agli interessi di mora (cfr Cass. n. 350/2013; Cass. ordin. n. 5598/2017; Cass. ordin. n. 23192/2017; Cass. ordin. n. 27442/2018, ecc.).
Ciò nonostante, molti Giudici di merito, incredibilmente, prendono le distanze dall’orientamento della Suprema Corte, affermando le tesi più disparate, da quella che
“…si ritiene, tuttavia che l’eventuale superamento del tasso soglia, con riferimento alla pattuizione degli interessi di mora, non incida sulla spettanza degli altri interessi validamente convenuti nel medesimo contratto” (si veda Trib. di Velletri, sentenza n. 1133/2018)
a quella secondo cui
“…anche ai fini dell’individuazione del corretto parametro per la valutazione della usurarietà degli interessi moratori, si ritiene, pertanto, del tutto legittimo operare la maggiorazione del TEGM del 2,1%, nella misura indicata da Banca d’Italia” (si veda Trib. di Roma, sentenza n. 8194/2019).
Tesi che dovrebbero considerarsi superate secondo gli insegnamenti della Suprema Corte, la cui funzione, non va mai dimenticato, è quella di assicurare
“l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”
in un’ottica nomofilattica ed unificatrice, finalizzata ad assicurare la certezza nell’interpretazione della legge.
Articolo di Avv. Prof. Giuseppe LEPORE
No Comments